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Se non dovessi tornare: la vita bruciata di Gary Hemmings

   Casa del Fiume - Piazzale Walther Cavallera
   20 Maggio ore 18:30
Immagine di Gary Hamming
Gary Hamming

Un evento in collaborazione con scrittorincittà
Con Enrico Camanni, autore del libro
Modera Maurizio Dematteis

Nel 1983 ne scrivo per la prima volta sulla "Rivista della Montagna". Trent’anni dopo ho deciso di scrivere il romanzo di Hemming, perché mi sembrava il momento. Erano passati oltre cinquant’anni dalla sua scomparsa, molti suoi compagni se n’erano andati, ma qualcosa in più di lui si sapeva e soprattutto era chiaro il suo ruolo nella storia alpinistica degli anni Sessanta. Ma a me interessava l’uomo, più che l’alpinista, e volevo raccontare esattamente gli ultimi tre anni, quelli meno noti, o addirittura ignoti, perché ero affascinato dal passaggio dalla fama all’autodistruzione. Mi interessava la parabola del successo che snatura e sgretola le persone fragili come Gary.
(Enrico Camanni)

Per alcuni Gary Hemming incarna lo spirito del Sessantotto, anche se probabilmente lui stesso faticava ad amare il suo tempo. La sua è una figura imprescindibile nella storia dell’arrampicata moderna, non solo per la sua tecnica di scalata innovativa, ma soprattutto perché fautrice di una filosofia di rispetto della montagna rivoluzionaria e attualissima. Alpinista fuori da ogni schema, sensibile e irrequieto, l'americano che scalava le Alpi divenne una leggenda in seguito allo storico salvataggio di due scalatori tedeschi bloccati sul Petit Dru, la parete più dura del Monte Bianco, il 23 agosto 1966. Il 3 settembre dello stesso anno un grande articolo pubblicato su "Paris Match" rese i suoi protagonisti degli eroi.

Ma quell'impresa significò molto di più: gli americani del Monte Bianco – come furono liquidati sbrigativamente Hemming, Harlin, Robbins e gli altri, senza capire veramente chi fossero e senza sciogliere i misteri della loro filosofia di scalata – introdussero in Europa le avvisaglie di una leggenda che andrà crescendo soprattutto negli anni Settanta del Novecento: il mito californiano. È da qui, dalle loro azioni e dal loro modo di essere che la California inizierà a rappresentare nell'immaginario europeo il luogo mitologico della trasgressione sotto ogni aspetto: culturale, politico, musicale, letterario, di costume e - meno noto, ma verissimo - di arrampicata. Di tutto ciò racconta Enrico Camanni, alpinista come Hemming, narratore delle montagne e giallista insuperabile, in Se non dovessi tornare: un romanzo elettrico e struggente sugli ultimi anni di vita dell'iconico scalatore, ma anche il ritratto di un uomo e di un tempo che hanno fatto i conti troppo presto con la fragilità dei propri sogni.

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ENRICO CAMANNI
Nato a Torino nel 1957, ha conseguito il diploma di maturità scientifica al liceo Gobetti in clima post sessantottino e ha frequentato il corso di indirizzo storico alla facoltà di Scienze Politiche. Alpinista molto attivo sulle Alpi, dove ha aperto una decina di vie nuove e ripetuto circa cinquecento itinerari di roccia e ghiaccio, è stato membro del Gruppo Alta Montagna, istruttore della Scuola nazionale di Alpinismo Giusto Gervasutti e direttore della Scuola nazionale di Scialpinismo della Sucai Torino. Attraverso la passione per l’alpinismo, è approdato al giornalismo di montagna, alternando lo studio con il lavoro di redazione. È stato redattore capo della “Rivista della Montagna” dal 1977 al 1984. Nel 1985 ha fondato il mensile “Alp”, che ha diretto per tredici anni. Dal 1999 al 2008 ha diretto la rivista internazionale di cultura alpina “L'Alpe” (edizione italiana), nata da un accordo di cooperazione con il Musée Dauphinois di Grenoble. Dal 1999 collabora con il quotidiano “La Stampa”, nelle pagine culturali e in cronaca. Dal 2008 al 2011 ha diretto il mensile “Piemonte Parchi” della Regione Piemonte. Ha scritto circa mille articoli, commenti, saggi, introduzioni sulla storia dell’alpinismo, l’ambiente e le tematiche alpine, collaborando con numerosi giornali quotidiani e periodici tra cui “Airone”, “Il Sole 24 ore”, “La Stampa”, “L’Unità”, “Meridiani”, “Specchio”, “L’Indice”,"Giornale dell'Architettura". In trent’anni di attività pubblicistica e di ricerca, ha gradualmente allargato i suoi studi dall’alpinismo alla storia delle Alpi e alle problematiche dell’ambiente alpino, in particolare dal punto di vista umano, unendo più discipline e una vasta gamma di competenze. Si è contemporaneamente dedicato alla narrativa, pubblicando cinque romanzi ambientati in diversi periodi storici. Ha diretto e curato l’edizione italiana del Grande Dizionario Enciclopedico delle Alpi (2007). Ha affrontato il problema della museografia alpina contemporanea, curando la progettazione scientifica del Museo della Montagna di Torino, del Museo delle Alpi al Forte di Bard (Opera Carlo Alberto) e delle Alpi dei Ragazzi al Forte di Bard (Opera Vittorio). Ha collaborato alla progettazione e alla realizzazione dell’esposizione permanente “Montagna in movimento” al Forte di Vinadio (Valle Stura). È stato progettista e direttore culturale di “Alpi 365 Expo”, il rinnovato salone della montagna di Torino (2007). Dal 2009 è vicepresidente dell’associazione “Dislivelli, ricerca e comunicazione sulla montagna”. fonte: www.enricocamanni.it

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